di Roberto 48Il 2024 si chiude
all’insegna della tristezza. Per me duplice. Alla situazione
patologica che avvolge tutto il mondo della Sampdoria si aggiunge un
lutto grave che mi ha colpito direttamente. Il 12 dicembre se n’è
andato mio fratello Arcangelo. Voglio qui ricordarlo, al di là dello
stretto rapporto che ci univa, per il fatto che era un grande tifoso
blucerchiato. Ed aveva una caratteristica che lo univa molto a nostro
padre e che voglio qui riportare perché siamo a distanza di
sicurezza e non mi permetterei mai di mettere in piazza un fatto che
potrebbe essere motivo di critica nel momento in cui non può avere
possibilità di replica. Mio fratello oltre che doriano DOC era un
anti genoano viscerale. Io glielo dicevo sempre: ma perché stai a
perdere tempo dietro i loro blog? Ma no, a lui piaceva sfrucugliare
sempre da quelle parti e poi mi riferiva le cavolate che leggeva e ci
si divertiva sempre. Come nostro padre che, essendo parrucchiere,
aveva il lunedì libero e al pomeriggio andava quasi sempre, specie
se il Genoa perdeva (appunto, quasi sempre…) in piazza De Ferrari,
alla rametta, dove i vecchi bibini piangevano lacrime amare. Lui
stava al gioco ma un giorno lo hanno scoperto come infiltrato e da
allora non è più andato. Era così “anti” che mi faceva quasi
arrabbiare per le assurdità che diceva ma per lui erano una specie
di lenitivo. Ad esempio se il Genoa perdeva 3-0 a dieci minuti dal
termine mi diceva: “No, il Genoa è forte e pareggerà e all’ultimo
minuto vincerà”. Soffriva oltre ogni logica perché per lui il
Genoa doveva solo perdere.
Ma dicevo di mio fratello,
che è stato il più grande lettore che io abbia mai conosciuto:
storia, filosofia, romanzi. Un autentico onnivoro, ma è solo un
accenno che qui non interessa. Prima che ci lasciasse gli ho scritto
una lunghissima lettera che non ha letto ma è servita a me come una
sorta di valvola di scarico. Voglio qui riportare gli aspetti che
riguardano la Samp.
Ho
la testa piena di pensieri e forse qualcosa dimenticherò. Ah ecco,
il calcio. Questo è un capitolo che data dagli anni Cinquanta.
Il
tempo in cui andavamo alla stadio e ci facevamo accompagnare da
qualche adulto, come “zio” improvvisato. “Ci fa entrare?” E
quello ci prendeva per mano. Fu così che scoprimmo la magia di
Marassi e i primi grandi calciatori in maglia blucerchiata: Bardelli,
Rosin, Vincenzi, Bernasconi, Bergamaschi, Vicini, Ocwirk, Mora,
Cucchiaroni, Brighenti, Skoglund. Che tempi! Erano quelli della
trasmissione radiofonica “A Lanterna!” con il famoso allestimento
di Vito Elio Petrucci con Giuseppe Marzari e la rubrica calcistica
con il duo marito e moglie Charlie e Texo. Andrea Salvo e Jole
Gardini. La più bella battuta fu questa:
Charlie:
“Il Genoa è in ripresa!” e Texo. “Ma o l'è o primmo tempo cu
va sempre ma!” Micidiale! Però scrivere in genovese è duro.
Come
era bella la domenica quando, dopo la partita, si tornava in Società
per il confronto con i genoani: Angelino, Bisio, Ninni.
Confesso
che ho, anzi abbiamo, vissuto. Proprio così. Sono stati tempi
meravigliosi di cui solo ora capiamo l’importanza proprio perché
comparata con una realtà, quella attuale, così povera di contenuti
da ricordare.
Ma
se devo ricordare un episodio che mai dimenticherò è quando Gullit
ha infilato la porta del Milan per il terzo gol vincente. Eravamo, al
solito, nella Nord a metà e tu correvi come impazzito, avanti e
indietro nel corridoio con le braccia alzate in un grido liberatorio.
GOOOOL! GOOOOL! E non te ne sei mai andato, sei sempre lì, e lo
sarai per sempre nella mia memoria.
C'è
poi il ricordo di una giornata indimenticabile: era il 2 Aprile 1961,
giorno di Pasqua, e a Marassi si giocava Sampdoria – Inter. Da
tempo ci eravamo messi da parte i soldi per fare una
stranezza...costosa, andare in Tribuna. E fu così ma avvenne sotto
una pioggia torrenziale ed i nostri posti quasi al limitare della
tettoia non è che fossero un riparo sicuro. Ma quell'episodio è
rimasto indimenticabile con la Samp che superò i nerazzurri di
Helenio Herrera per 4-2 con quattro gol di Brighenti. L'ultimo quasi
dalla linea di fondo. Avevamo rispettivamente 15 tu e 13 anni io.
Poi,
nel 1968, ci fu la prima grande lunga trasferta a Napoli. 3 aprile.
Ricordi? Partimmo da Sampierdarena col treno speciale, a mezzanotte,
e salutammo le nostre cugine Ada e Paola che stavano alla finestra di
Via Buranello sventolando la bandiera blucerchiata. Tu e Pino
dormiste sulle reti per le valigie, in alto. E all’arrivo la
mattina alle 8,30 telefonammo a papà che mancava dalla sua città
fin dall’età di 10 anni. Fu una grande emozione. Ricordi lo stadio
colmo ma solo di uomini i quali guardavano Graziella ( tra i
fondatori del Samp Club Rivarolo e della Federclubs, n.d.a.) come
fosse un oggetto da museo? Segnò il Corvo nel primo tempo con il
solito Battara che prendeva anche le mosche ma nulla poté fare con
la solita magia di Omar Sivori. Ma fu un ottimo pareggio per noi.
E
poi rammento ancora il 6 giugno 1982, partita col Rimini finita 0-0
ma con la matematica promozione in serie A. Allo stadio ci fu tutta
la nostra famiglia con la mamma che venne a Marassi per la prima
volta. Che festa! Io la vissi in modo particolarmente intenso perché
sentivo tutto il nostro calore immerso nel giubilo generale. Tutti
noi, tutti insieme: mogli, fidanzate, figli, genitori. Serie A! Serie
A! Quanta gioia ci pervadeva. E ora, caro Arcangelo, siamo proprio
ridotti male. Ma vedi la tua dipartita mi ha fatto capire
maggiormente il vero senso della vita che, se è solo immanenza,
allora che mi possono importare avvenimenti che non portano a
risultati immediati? Restando nel campo doriano cosa mi può recare
il pensiero che la Samp possa tornare, ma sì, diciamo grande o
quasi, tra dieci anni? A Genova diciamo “Sempre ghe semmo”. Ma io
ci sarò? O viceversa guarderò il mondo da una mia vecchia foto?
Credo che basti per potermi sentire più leggero e tranquillo nel
futuro che verrà.
Addio
mio caro fratello.